Contabilizzazione consumi - rifiuto del condomino

Quando un condomino si rifiuta di installare sistemi di termoregolazione
e contabilizzazione dei consumi

Dell’obbligo introdotto dal d.lgs. n. 102/’14 di installare nei condominii, entro il prossimo 31.12.’16, sistemi di termoregolazione (della temperatura) e contabilizzazione (dei consumi) individuali, abbiamo già trattato su Cn di settembre 2014. Ma problemi applicativi, ve ne sono. Iniziamo dall’ipotesi in cui uno o più condòmini rifiutino di installare nelle loro proprietà esclusive i sistemi in questione, nonostante una regolare delibera in tal senso.
Sul punto
– ricordato che la materia è, fra l’altro, disciplinata dall’art. 26, comma 5, l. n. 10/’91 – si segnala un’interessante sentenza del Tribunale di Roma (n. 9477 del 29.4.’10) che ha ritenuto legittima una delibera assembleare che applicava al condomino che aveva opposto il rifiuto di cui trattasi l’intera quota secondo il massimo della potenza calorica di ciascun radiatore sito nell’unità immobiliare di interesse. Si tratta di una decisione che, condivisibile, supera le possibili obiezioni alla diversa soluzione del ricorso, da parte dell’amministratore, all’autorità giudiziaria per accedere all’unità immobiliare di proprietà del condomino che rifiuta l’installazione. Altra ipotesi che vale la pena esaminare riguarda il riparto dei consumi conseguente all’installazione dei sistemi in parola. Il d.lgs. n. 102/’14 – come si ricorderà stabilisce che tale riparto debba avvenire seguendo specifici criteri (cfr., ancora, Cn sett. ’14). Inoltre, come abbiamo visto, l’art. 26, comma 5, l. 10/’91, si occupa di disciplinare anche la maggioranza necessaria (e sufficiente) per ripartire gli “oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato”. Quid iuris, allora, se un regolamento di origine contrattuale stabilisca, in punto, il rispetto di determinati criteri di riparto? In proposito, la giurisprudenza si è espressa per la prevalenza delle norme di legge. In particolare, ancora il Tribunale di Roma, con la citata sentenza n. 9477/’10, ha osservato che le disposizioni di cui alla l. n. 10/’91 “per il loro carattere pubblicistico prevalgono sulla disciplina privatistica, donde l’autonomia negoziale dei privati risulta limitata”. In altre parole, anche una ripartizione contenuta in un regolamento contrattuale può, secondo questo indirizzo interpretativo, essere modificata nel rispetto, evidentemente, di quanto indicato nel predetto d.lgs. n. 102/’14 – sulla base delle maggioranze previste dal citato art. 26, comma 5, l. n. 10/’91, non occorrendo, quindi, la totalità dei consensi della compagine condominiale. Si pone, poi, la questione di come interferisca l’adozione di un sistema di termoregolazione e contabilizzazione con l’eventuale presenza nel condominio di uno o più impianti di riscaldamento autonomi. Si tratta di un interrogativo anch’esso già affrontato dalla giurisprudenza la quale, recentemente, con la sentenza della Cassazione n. 8724 del 29.4.’15, ha chiarito, in sostanza, che – allorché si deliberi l’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore la presenza di impianti autonomi non può recare un pregiudizio economico ai condòmini allacciati all’impianto centralizzato, con la conseguenza che eventuali maggiori costi sono da porsi in capo a chi si è distaccato dall’impianto comune (cfr. Cn giu. ’15). La soluzione appena riferita può, peraltro, essere seguita deve ritenersi anche nel diverso caso in cui il distacco avvenga successivamente all’adozione dei sistemi in questione. Pure in tale ipotesi, quindi (e sempreché si rispettino le condizioni per il distacco richieste dalla legge: cfr. Cn ott. ’13) l’eventuale aggravio economico a carico della compagine condominiale rispetto alla situazione preesistente dovrà essere sostenuto dal condomino interessato a non essere più allacciato all’impianto comune. Resta da dire, infine, delle sanzioni (da 500 a 2.500 euro) in caso di mancato rispetto dell’obbligo di installazione dei sistemi in parola. A risponderne, secondo quanto previsto dal più volte citato d.lgs. n. 102/’14, è il “condominio”. Ove tale inadempimento sia tuttavia imputabile ad uno o più condòmini che rifiutandosi, ad esempio, di far accedere alla propria unità immobiliare per gli adempimenti del caso abbiano ritardato o impedito il rispetto della legge, è da ritenersi che ciò possa costituire un valido presupposto per un’azione condominiale di rivalsa nei confronti degli indicati condòmini.

Tratto da Confedilizia notizie, settembre 2015, pag. 31